mercoledì 25 novembre 2015

LA RIVOLTA DEI TEENAGERS

Il bello delle favole è che c'è sempre un lieto fine, non importa quante peripezie l'eroe di turno debba affrontare, c'è sempre una svolta, un colpo di scena o un aiuto inaspettato e tutti prima o poi vivono felici e contenti. Ma cosa succede quando la storia cede il passo a sentimenti adolescenziali, i colpi di scena diventano prevedibili come l'oroscopo di Branko e l'inutilità visiva sostituisce una trama potenzialmente ben strutturata? Succede che va in scena l'ultimo film della saga di Hunger Games- Il canto della rivolta.
Fedele alla nuova moda che vuole i finali di saghe famose prolungarsi a dismisura e dividersi in due parti almeno, in modo che quando si va a vedere il secondo atto inevitabilmente ci si è dimenticati tutto del  primo ( forse dunque lo fanno intenzionalmente per questo...) anche questa volta il risultato finale non ha superato le attese.
Se non hai visto il film ti avverto della possibilità di spoiler quindi ti consiglio di..NON ANDARE a vedere il film comunque e piuttosto di leggere il libro!
Dunque, avevamo lasciato la nostra eroina in pericolo e sotto attacco del suo stesso amato Peeta, riprogrammato dal malvagio Snow per odiare e  uccidere la donna che ama.
Nelle successive due ore i nostri eroi continuano la lotta contro il tiranno, guidando la rivolta e rischiando più volte la vita, in un percorso pieno di ostacoli che li porterà alla "presunta" vittoria. Ma non tutto ciò che luccica è davvero prezioso e la stessa Katniss si troverà di fronte a una scelta che condizionerà per sempre il suo futuro. Leggendo la trilogia quello che colpisce è il concetto di illusione e potere, di come cioè anche la ricerca della libertà conduce

 a  delle scelte e delle conseguenze che possono portare paradossalmente a ricominciare il ciclo della tirannia, mascherata da falsa democrazia , perché in fondo quando di mezzo ci sono gli esseri umani il confine tra bene comune e interessi personali diventa molto labile.
Tutto questo concetto viene completamente sottovalutato nel film e ridotto a poche scene senza alcuna profondità , scontate e direi quasi ridicole nonché estremamente prevedibili.
La scelta, purtroppo, è stata quella di privilegiare il lato teen della saga, dando spazio alle travagliate scelte amorose di Katniss, a frasi fatte nella miglior tradizione dei film per adolescenti, in perfetto stile Twilight ( e confesso di aver avuto un leggero mancamento al cinema).
Peccato, perché di cose buone ce ne sono, come la performance della Lawrence, il clima in cui il film è immerso, anche un buon montaggio e una buona fotografia.
Quindi mi chiedo, se la scelta è stata quella di voler piacere ai ragazzini: ma che razza di opinione avete dei ragazzini???? Se questo film era per loro, e ci può anche stare, è questo quello che vogliono vedere?
In attesa della risposta, che sicuramente non arriverà mai, credo che andrò a rileggermi l'ultimo libro, non fosse altro che per rendere giustizia a una favola dark post moderna e donarle quel lieto fine che le è stato ingiustamente rubato.

martedì 17 novembre 2015

LA FAVOLA DI LUKE

La nostalgia è una brutta bestia. Perché codarda. Perché resta nascosta in un angolino dell'anima e aspetta.Il momento peggiore, sempre, il più delle volte quando meno te l'aspetti. Ma...
C'è anche quell'altra nostalgia, quella bella, quella che stai guidando e sei bloccato nel traffico e cominci a ridere da solo perché ti è venuta in mente una stupidata di una vacanza fatta due anni prima  con quell'amico..a proposito, da quanto non lo sento? Ecco, quella nostalgia non è codarda, ma paurosa, perché aspetta sempre prima di venire fuori e magari si fa aspettare quando avresti bisogno di un bel ricordo, di una bella sensazione per affrontare una brutta giornata.
Perché tutta questa filosofia spicciola ti starai chiedendo. Beh, devo pur passare il tempo da queste parti e tutto questo era per raccontarti come è venuto fuori il pensiero di oggi.
In questo periodo una importante televisione satellitare a pagamento ( che Dio li benedica sempre) ha trasmesso ininterrottamente per una settimana tutti i film della saga di GUERRE STELLARI.
Ora, ci sono poche cose su questo mondo che possono risvegliare sensazioni ed emozioni che credevi addirittura di non possedere, e una di queste cose, se sei un nerd patentato ( e bada che per me è un gran complimento) e proprio Guerre Stellari.
Perché, se ci fermiamo a riflettere un attimo, è un po' la metafora della vita come vorremmo che fosse quella saga. Tu sei un signor nessuno, il Luke di Modena, nessuno sa chi sei, vivi la tua vita isolato dall' immenso piano cosmico preoccupandoti solo di pagare le bollette del gas, e poi...arriva Obi-Wan Kenobi  e ti dice che sei importantissimo, che dentro di te c'è la FORZA, che puoi salvare il mondo dal malvagio impero galattico etc etc...
E l'imbranato piccolo e ingenuo scopre sé stesso, scopre di essere in grado di essere un leader, di poter combattere e per una volta, quella importante, vincere. Non è fantastico? Si, certo, non ce la potrebbe mai fare il nostro Luke se non ci fossero Ian Solo, Leila, Chewbacca, Yoda e forse un'altra decina di personaggi più forti e capaci di lui, ma nessuno di loro è il prescelto. E soprattutto nella squadra delle forze del bene non esiste il singolo, esiste un Noi Galattico, una squadra vincente finché    unita, dove tutti possono dare il proprio contributo, che tu sia un robottino o uno sbadato anfibio piuttosto che un combattivo orsacchiotto di un pianeta sperduto. E' una favola immortale questa che trae origine da miti antichissimi. L'eroe che compie il suo percorso verso la redenzione e la coscienza di sé confrontandosi con i fantasmi del suo presente e soprattutto con il suo passato, con le sue origini. In questa favola moderna l'antieroe è ancora più importante e "pesante" dell'eroe stesso e affronta a sua volta un lungo percorso verso la verità interiore.
Ci si appassiona alla storia di Anakin Skywalker ( poi Dart Fener), al suo costante e ineluttabile passaggio verso il lato oscuro, quasi lo si giustifica ( in fondo,dai, fa quello che fa perché non si rassegna a perdere le persone che ama),  e ogni volta che si guardano i film si continua a sperare che le cose possano cambiare perché in fondo tutti sappiamo che Anakin è molto più forte di suo figlio. Ma ecco che avviene l'inevitabile, la storia resta sempre la stessa e quando tutto finisce, ecco che viene fuori la nostalgia.
In fondo Guerre stellari non è la storia di una ribellione verso il tiranno o ancora il percorso di crescita e consapevolezza di Luke, è la parabola di una redenzione, quella di Dart Fener.
In tutti e sei i film il vero protagonista, nascosto o ben visibile è sempre lui, e quando alla fine morendo si redime e sacrifica la vita per il proprio figlio, quando prende il suo posto accanto a Obi-Wan e Yoda come guida spirituale tutto quadra, tutto può finalmente concludersi.E appunto, nostalgia.E' un po' come riascoltare una vecchia favola che ti raccontavano da bambino, sai che ora forse sei troppo grande per queste cose, ma ne vorresti ascoltare ancora, e ogni volta è sempre come la prima. Ma ora che ci penso, chi l'ha detto che c'è un'età giusta per sognare?
Che la forza sia con te allora....




lunedì 9 novembre 2015

IL FAVOLOSO CINEMA ITALIANO

Seduta su questa panchina ne vengono di cose in mente, ti si riempie lo stomaco di cose da dire ma anche da non dire perché non sta bene o da rimandare perché "ora sei arrabbiata, quando ti passa vedrai le cose con più calma". Ecco. Parto da questo per chiederti : è davvero così?
Quando sei deluso da qualcosa hai davvero bisogno di tempo per metabolizzare e guardare le cose "da un'altra prospettiva"?
Dubbio atroce, lo ammetto. Così ho fatto un esperimento.
Ho guardato IL GIOVANE FAVOLOSO, per tutti e 137 i minuti compresi i titoli di coda. Poi ho spento la tv, sono andata a dormire, e ho lasciato passare quasi un mese per vedere "l'effetto che fa".
Niente. Sono ancora incazzata.
Mi è rimasta dentro quella sensazione che non è più rabbia, si sta evolvendo, trasformando in delusione, nella sensazione che qualcosa sia andato sprecato, un'occasione sia stata gettata via con una presunzione tutta italiana.
Vero è che ora ho più elementi per guardare la cosa da diversi punti di vista, posso tentare di salvare il salvabile, mentre un mese fa avrei solo buttato là una parolaccia e fine della storia. Ma proprio non riesco a salvare questo film.
Io ho studiato al classico, sai, e per alcune insegnanti parlare di Leopardi era come andare al concerto dei Nirvana per una groupie, quindi ho sempre avuto tanta simpatia per questo gobbetto perennemente depresso ( e come dargli torto!). Bada, ho detto depresso...
E invece in questo film, osannato a Venezia, vincitore di numerosi premi in giro per il mondo il nostro Leo si trasforma in un patetico gobbo infantile e lasciami dire, quasi autistico. 
Pur rispettando gli eventi che maggiormente hanno influenzato la sua vita, i suoi spostamenti da una Recanati soffocante a Roma e infine a Napoli, pur cercando di raccontare l'oscurità che avvolgeva la sua anima, tutto è reso patetico. 
Elio Germano in una scena del film
Una condizione dell'anima così fragile e affascinante come quella che affliggeva lo scrittore, la sua stessa fragilità viene distorta e inglobata, oscurata da tic e nevrosi infantili e direi quasi patologiche. Pulire la coscienza inserendo qua e là alcuni versi è ancor peggio, poiché la loro armonia, il profondo sentimento e il profondo disagio che ne hanno fatto vedere la luce, ogni parola cozza con l'immagine che viene data dell'autore. Un'occasione perduta appunto.



Elio Germano è l'unica nota positiva di tutto il film, rende con esemplare maestria l'immagine del poeta, fa quello che può, si vede, ma da solo non può salvare un prodotto in cui , credo, è sbagliata l'impostazione fin dal principio.
E così, mentre guardo le foglie autunnali cadere giù mi lascio trascinare da questo triste mood e mi chiedo solo una cosa,che poi è la domanda delle domande: possibile che il nostro cinema debba essere per forza questo? Che debba essere per forza o volgare o patetico o solo per pochi eletti?
Abbiamo perso il dono di sapere far ridere senza mostrare fondoschiena o seni prosperosi o di far riflettere senza scadere nel già visto o nel patetico...o solo il dono di raccontare è quello che è venuto meno?
Domanda importante, risposta complicata. Forse si o forse no. Se ci penso un attimo al di la di registi apprezzati anche all'estero come Sorrentino ( che però fa un tipo di cinema che, diciamolo, non è per tutti, non è facilmente assimilabile e a volte neanche godibilissimo), ci sono oggi delle speranze per il cinema  tricolore. Penso a Garrone, al Papaleo di "Basilicata coast to coast ", alla opera prima del giovane Pif , il delicatissimo "La mafia uccide solo d'estate", tutti registi che hanno saputo raccontare delle belle storie, divertenti, drammatiche o fantastiche, ognuno con un proprio originale stile. 
Non tutto è perduto quindi, di fantasia ne abbiamo ancora, di storie siamo circondati, resta da capire se abbiamo ancora voglia di raccontare con onestà e grazia e soprattutto se abbiamo la voglia di meravigliarci ancora. Io direi di si,voglio meravigliarmi ancora, quindi se non ti spiace, continuo a guardare le foglie e intanto aspetto... 

mercoledì 4 novembre 2015

IL PARCO DELL'ORRORE

Hola,
oggi vorrei fare una cosa che non mi viene proprio benissimo, essere buona.
Devi sapere che sono una divoratrice seriale di libri, quasi patologica, e credimi quando ti dico che ne ho lette di cazzate... Avremo modo di parlare anche di quelle, ma come direbbe il buon Aragorn "non è questo il giorno" (se non hai idea di chi sia Aragorn hai due possibilità: chiudere immediatamente questa pagina OPPURE entrare nella prima libreria e chiedere alla commessa la copia più costosa che hanno de "Il signore degli anelli", così impari).
Oggi parlo di un libro che ho letto recentemente e udite udite...mi è piaciuto.
Il libro si intitola "LOVECRAFT'S INNSMOUTH" e l'autore è Claudio Vergnani.
La copertina del romanzo
Appartiene a un genere su cui sono abbastanza reticente di solito, quello horror (vampiri e mostri vari per intenderci), sarà che ancora non mi è passata la nausea da Twilight. Ma per fortuna ho trovato questo anti emetico cartaceo (anzi elettronico visto che per ora è disponibile solo in formato e-book) che mi ha molto divertito.
Se non conosci le opere di questo scrittore modenese ti invito a cominciare dalla sua creatura più famosa, la trilogia composta da "Il 18° vampiro", "Il 36° giusto" e "L'ora più buia". Non anticipo niente, solo le parole chiave : vampiri a Modena. Fantastico.
E in questo nuovo romanzo Vergnani fa un passo avanti verso qualcosa se possibile di ancor più mostruoso.
Il protagonista è una delle invenzioni più riuscite di Claudio: Vergy. Sporco, rude, ubriacone, volgare e letale. Non si può non amarlo.
La Innsmouth del romanzo è proprio quella di Lovecraft
( come sopra solo che ora sostituisci "Il signore degli anelli" con "Il ciclo di Cthulu". Giornata di shopping,eh?), con tanto di uomini-pesce, ma in questo caso lo scrittore è bravissimo nel ricreare la stessa atmosfera Lovecraftiana e farti sprofondare nella vera mostruosità, che in fondo è sempre quella dell'anima.
I due protagonisti, Vergy e Claudio (gli stessi del 18° vampiro) affrontano un percorso fisico e interiore che li porterà a un passo dal baratro e che ancora una volta metterà in dubbio tutte le (poche) certezze che hanno.Tutto inizia da un lavoro in teoria molto semplice, fare da guardia del corpo a un accademico curioso di visitare il nuovo e inquietante parco divertimenti ispirato all'opera di Lovecraft. Ma ciò che è vero e ciò che non lo è cominciano a confondersi, l'umano si fonde con il soprannaturale e inizia una spirale di terrore e violenza in cui buono e cattivo, reale e finto non hanno più senso e l'unica cosa che conta è sopravvivere, o forse no.
Atmosfera di Innsmouth
Il rischio, quando ho iniziato a leggerlo era che il libro risultasse poco originale, in fondo è un rischio che sempre si corre quando ti cimenti con i grandi classici,ma in questo caso Vergnani è stato bravo a sfruttare il background per creare una storia del tutto originale che tuttavia ti trasporta nelle stesse sensazioni e disperazioni Lovecraftiane,mantenendo l'unicità dei personaggi e delle situazioni in cui si vengono a trovare.
Il finale ovviamente non lo svelo anche perché credo sia la parte più interessante e questo credo sia un libro ben scritto in generale.
Una volta tanto diamo fiducia a uno scrittore italiano piuttosto che ai ghostwriter dei più famosi scrittori d'oltreoceano.Se è vero che è il viaggio che conta e non la destinazione vale la pena affrontare questo viaggio nell'abisso, anche a costo di perdersi.
Se sei incuriosito questi i posti dove puoi trovare il libro ( costa anche poco che non guasta):
Amazon
Kobo
Poster ispirato al libro 

LA PANCHINA

Ciao a te, turista annoiato del web.
Oggi senza volerlo partecipi a un evento fondamentale nella vita di tutti noi: il primo post di questo blog. Fortuna eh?
Aspetta, non cliccare sulla x! Parliamone. Ti racconto cosa succede su questa pagina.
Io sono Flo, appassionata di cinema, letteratura e curiosa di natura, e un giorno ho deciso di cominciare a scrivere su un blog perché mi piacerebbe condividere quello che penso con il maggior numero di persone possibile nel bene e nel male. Ho letto da qualche parte che il web sta sostituendo nelle nostre vite quello che per i nostri nonni erano le piazze. Beh, allora sediamoci su questa panchina virtuale e raccontiamoci quello che pensiamo, o solo prendiamoci 5 minuti per sentire una nuova opinione. Se poi mi ritroverò da sola a dar da mangiare a un cyber piccione...pazienza.
Al massimo comprerò una birra da Amazon e mi godrò il panorama.